Se fossi.... uno strumento musicale
Qualche settimana fa, durante una riunione di lavoro, nel brevissimo attimo di accresciuta percezione delle cose che precede l'abbiocco, ho realizzato che se fossi uno strumento musicale, probabilmente sarei un pianoforte.
Uno strumento ingombrante, che difficilmente si può (s)muovere e certamente è problematico da trasportare... il pianoforte a ben pensarci è l'antitesi della chitarra: il suono viene da una cassa armonica e dalle corde, tuttavia ciò che ne viene prodotto è totalmente diverso. La chitarra viene associata alla libertà, alla gioventù, a serate allegre passate tra amici, magari in spiaggia.
Cose difficili da replicare col piano.
Anche l'approccio, l'impatto che si ha avvicinandosi ai due strumenti è diversissimo. La chitarra si mostra per ciò che è, nessun segreto. Dà l'idea di poter essere padroneggiata facilmente, ci si siede e lei si accoccola sulle gambe come un gatto.
Il pianoforte no.
A cominciare dal fatto che si rimane seduti di fronte al piano, quasi dicendo "Egregio Signore permette?", si libera la tastiera dal coperchio, e il più delle volte serve la chiave, altrimenti niente da fare, il tanfanario di legno rimarrà inesorabilmente muto (quale altro strumento necessita di una chiave?). Per rendere il suono migliore poi, più vivo, bisogna prendersi la briga di aprirne la cassa. E i tasti non sono sei (o sette) come le corde della chitarra, e nemmeno quattro come quelle del violino, sembra più complicato, con quella sfilza di tasselli avorio e neri che sono difficili pure da contare, e nonostante tutto non stanno lì a caso.
Basta un poco d'impegno per capirne l'ordine. Acuti e pungenti ma mano che si procede verso destra, profondissimi e cupi se le dita percorrono quelli che vanno a sinistra, al centro la dolcezza.
E' lì, in bella vista, dovrebbe essere naturale e scontata da incontrare, eppure niente, le mani tendono prima a spostarsi verso gli estremi, dove imbattersi in qualcosa di piacevole è complicato. Non impossibile. Complicato.
La cosa più frequente è piuttosto eseguire un paio di scale, come per saggiare un libro di quattrocento pagine leggendo solo l'ultima parola delle prime dieci facciate, definire palloso e triste il tutto e alzarsi dallo sgabello.
Con pazienza invece bisognerebbe andare oltre al solitario picchiettare dell'indice sui tasti bianchi e attendere che le altre dita della mano, e poi quelle dell'altra, scoprano cosa accade quando la combinazione di ciò che viene abbassato, solo per un attimo, fa uscire dal pianoforte: il legame tra le note, la melodia.
Potrebbe valerne la pena.
Un'altra differenza non da poco che questo baraccone ha rispetto alla chitarra è il sistema d'accordamento, facile da eseguire per quest'ultima, in pochi minuti e direttamente dal musicista, nuovamente complicato per il pianista, che deve ricorrere a un professionista, pena il rimanere con qualche tasto dal suono smorto, cosa che renderebbe zoppicante qualsiasi melodia.
Ciò che esce da quell'enorme cassone di legno pertanto non deriva solamente da chi ha creato lo strumento e chi al momento lo utilizza, ma anche dalla sensibilità di chi se ne è preso cura, accordandolo a dovere.
Il pianoforte è lo strumento che ho suonato alla mezzanotte del giorno di Natale, dopo quattordici anni di silenzio.
Cosa ho suonato?
Che domande... "Inno alla gioia" di Beethoven.
O amici, non questi suoni!
ma intoniamone altri
più piacevoli, e più gioiosi.
...
Lieti, come i suoi astri volano
attraverso la volta splendida del cielo,
percorrete, fratelli, la vostra strada,
gioiosi, come un eroe verso la vittoria.
Abbracciatevi, moltitudini!
Questo bacio vada al mondo intero Fratelli,
sopra il cielo stellato
deve abitare un padre affettuoso.
Intuisci il tuo creatore, mondo?
Cercalo sopra il cielo stellato!
Sopra le stelle deve abitare!
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